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Inferno virtuale: come i social ci hanno rovinato la vita.

Inferno virtuale: come i social ci hanno rovinato la vita.

Leggo in questi giorni, sui profili social di persone a me care, screenshot di insulti rivoltanti a loro rivolti. Questo è l’Inferno Virtuale: grigio e con delle sbarre alle finestre, spacciate per architettura postmoderna.

E’ da un po’ che la mia opinione sullo stato di salute di questo 2020 è non pessima, ma proprio nera.

Doveva andare tutto bene, ma il Coronavirus (vista la proibizione dei contatti in real) non ha fatto altro che evidenziare allo stremo la stortura in cui ci hanno infilato i social network.

Giusto per fare un’elenco dello stravolgimento della vita del giovane italiano medio causa social (e nuovi altri disagi tecnologici):

  • siamo sempre attaccati al cellulare (a cena, prima di scopare, dopo averlo fatto e pure per trovare dove comprarsi la famosa sigaretta post coito);
  • siamo più bombardati di prima con modelli fisici (sia maschili che femminili) irrealistici;
  • la corsa all’accoppiamento, diventa quindi, prima di tutto, una corsa alla posa fotografica, al selfie photoshoppato, al ritocchino estetico, al ciclo di steroidi, o a qualsiasi altra cosa fatta per piacere prima agli altri che a noi stessi (poi liberi tutti, ma se facciamo qualcosa, specie al nostro corpo, che sia almeno per noi stessi e non perchè vogliamo somigliare a qualcuno a cui photoshop ha tolto due costole);
  • le app per rimorchiare perdono il 100% della loro utilità: tutti cercano Belen, e trovano solo Lino Banfi;
  • abbiamo quindi da una parte le coppie di cloni, e dall’altra le Cappellane Scalze (intese in senso lato come il partito della castità);
  • la sessualità si restringe quindi, troppo spesso, ad autoerotismo, complice anche la famosa “democratizzazione del porno” per cui basta avere uno schermo e siamo sicuri di trovare tutti i video necessari non solo a farci venire ma anche a raffigurare tutte la fantasie ed i kink che difficilmente ci sarebbero reperibili nella realtà, anche visti i famosi standard irrealistici di cui sopra;
  • per lo stesso motivo si registra un enorme ageismo nella comunità gay (ma anche nel mondo etero), poichè se giovane è bello, vecchio non potrà che scimmiottare un’eterna giovinezza, o sarà sempre a rischio di non essere più reputato sessualmente desiderabile;
  • paradossalmente, a tutela delle categorie più offese da questa idealizzazione degli standard erotici, si assiste da una parte ad un forte incremento della reperibilità di sex workers (agevolati anche da quei canali che si rendono escludenti di chi non risulta allineato con il canone estetico vigente) e dall’altra ad una fortissima proliferazione di pornografia amatoriale, o di contenuti semi pornografici, da parte di un qualsiasi tipo di utenza e contestualmente ad un forte incremento di attività di vendita di questi contenuti, dando di fatto vita ad un sex work 2.0;
  • sesso a parte, i social hanno dato all’utenza di internet la possibilità, che io vieterei per decreto, di poter creare contenuti e di condividere le opinioni più disparate, ignoranti, offensive, inutili e preconcette; detto in altro modo: l’internet ha dato voce ai deficienti (non che prima non esistessero, ma almeno eravamo graziati dalla possibilità di non leggerli);
  • frustrazione ed ignoranza si fondono nel generare gli Haters, coloro che senza nulla da fare, animati dalla più scarsa conoscienza possibile e dalla più robusta dose di risentimento personale, si prodigano nelle più varie offese, in pubblico ed in privato, a qualsiasi essere umano abbia l’unica colpa di farli sentire inferiori;
  • instagram, in particolare, fornisce quotidianamente un flusso continuo di immagini e di storie, di rappresentazioni del mondo fuorivianti; infatti se viene rappresentata, condivisa, solo la parte migliore delle nostre giornate, ecco che ripetere la fruizione di questi contenuti sarà sempre più frustrante per chi non ritiene affatto gradevole la sua attuale condizione di vita;
  • instagram fornisce quindi non solo un flusso di immagini legate a modelli estetici irrealistici ma anche un flusso di immagini legate a modelli di vita falsati, generando ed alimentando esso stesso la frustrazione degli haters (in fondo per Zuckemberg sono sempre interazioni paganti, no?);
  • questo continuo flusso di condivisioni, amplificato e peggiorato a causa del sempre più alto numero di piattaforme a disposizioni (facebook, youtube, instagram, snapchat, twitter, tiktok, etc) porta ad una sorta di urgenza, una fretta, una coazione a condividere; se non condividiamo siamo indietro;
  • facebook, così come twitter, è diventato il ricettacolo di opinioni non richieste, di polemiche sterili, di meme idioti e di video acchiappalike;
  • la logica della viralità ha vinto contro la logica della qualità; esse quasi mai coincidono;
  • togliersi dai social, unica scelta estrema in grado di toglierci dal vortice ossessivo delle notifiche, risulta però quasi impossibile, poichè questi social, pur degradati a strumento di pubblica umiliazione, manengono anche i propri scopi originali: senza i social sei più difficile da contattare, è più difficile per te sponsorizzare una tua attività, dare luce alle tue passioni, tenerti informato su date di festival ed eventi;

Ecco che viviamo in una trappola permanente, un inferno virtuale in cui è difficile improvvisarsi Caronte.

Un inferno virtuale dove Dante è morto carbonizzato e i demoni dell’ade condividono la sua incinerazione su Patreon e Twitch, ricchi di podcast inediti, per poter monetizzare adeguatamente un evento di tale portata storica.

Non so voi ma questo, per me, è il peggiore di mondi possibili.

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