L’Entitlement e la generazione perduta: i millennials!
Io, racconti a parte, sono nata nel 1987. Figlia di una generazione perduta, quella dei Millennials.
Nati tra gli anni 80′ e la fine degli anni 90′ i Millennials, la net-generation o Generazione Y, sono quelli che, come me, venivano da un mondo di granitiche certezze ed andavano, a loro insaputa, verso un mondo liquido.
E’ l’11 settembre 2001: il crollo delle Torri Gemelle. E’ l’inizio della fine della stabilità politica ed economica che avevano vissuto i nostri genitori. Io ho solo 14 anni, è la prima ginnasio al Liceo Classico Antonio Canova di Treviso.
Arriva il 2006, ho 17 anni, esce il Nokia 5200, i cellulari di stavano dotando della fotocamera. Nascono i selfie. Qualcosa stava cambiando, ma non ce n’eravamo ancora accorti.
Ecco il 2007, la crisi dei mutui subprime. La Crisi; la Crisi con la C maiuscola. Il mercato è destinato ad andare letteralmente in pezzi, in un effetto domino legato alla bolla immobiliare americana, ma a noi Letizia Moratti raccontava ancora il vecchio adagio: “andate all’università e troverete un lavoro sicuro“.

Nel frattempo la finanza diventava sempre più scollata dalla realtà, e nel pieno di una crisi mondiale, a Wall Street era pronto a sbarcare un astro nascente: Facebook. Qualcuno doveva pur capitalizzare sui nostri selfie!
Nata come un app universitaria nel lontano 2004, Facebook esplode in italia nel 2008 e diventa presto così imponente da fare da capostipite ad una nuova era: i social networks.
E’ il 2010, nasce Instragram; nel 2012 viene acquisita da Facebook.
La nostra vita è ufficialmente cambiata. I cellulari ormai sono touch screen, internet non solo è ADSL ma è persino fibra ottica. Senza un telefonino non si va più da nessuna parte. Il dating passa dalle discoteche (in piena crisi) alle app di incontri: più bassa è la qualità della tua fotocamera, più bassa sarà la tua percentuale di uscire con qualcuno. Iphone vs. Samsung: la battaglia mortale tra smartphone.
Internet ha colonizzato la nostra vita, e noi ci siamo lasciati conquistare.
Qualcosa però è rimasto come negli anni 90′: la narrazione del mondo.
La classe politica, i media, le stesse canzoni che sentiamo quotidianamente, non hanno smesso di parlarci con un linguaggio antico: posto fisso, amore eterno, sempre e per sempre.
Questo ha creato l’ennesimo scollamento con la realtà. Viviamo in Matrix lagnandocene ogni giorno.

E’ qui che nasce l’Entitlement, ovvero la promessa non mantenuta.
Quando il racconto che ci fanno del mondo disegna scenari di valori vintage (il matrimonio indissolubile, dubbi e perplessità sull’aborto, il posto fisso, la casa di proprietà, il macchinone, la binarietà dei sessi) mentre il paesaggio è tremendamente postmoderno (emancipazione femminile, fluidità identitaria e di genere, lavoro frammentato, relazioni in crisi, mutui non dati perchè privi del lavoro a tempo indeterminato, etc) si crea uno scontro, un conflitto, tra “ideale” e “reale”.
Se abbiamo in testa ancora categorie vecchie, vivere in un mondo nuovo è fonte costante di sofferenza. Ma, questo ad onore e difesa della generazione Y, non è colpa nostra.
Riflettiamo infatti su quanto ci è stato promesso:
0 ) da bambini ci era stato promesso (a torto) che pregando si ottiene tutto; “chiedi e ti sarà dato” ci dissero.
1 ) Alle superori ci è stato promesso (a torto) un lavoro fisso, come retribuzione del nostro studio matto e disperatissimo; “vai all’università e troverai un buon lavoro”, “l’università è un ascensore sociale” ci dissero.
2 ) Ma la cosa più grave, la cosa che ci dicono tutt’oggi, è la dittatura dell’amore; è il continuo risuonare nelle nostre orecchie di inni al grande amore. Il 90% delle canzoni parla d’amore. Quasi il 100% di film e telefilm contiene una trama o una sottotrama amorosa, rigorosamente a lieto fine. L’amore continuano a promettercelo (a torto). “Hai diritto di essere amato” ci dissero, ma forse non è così.
L’amore infatti, come ben ci ricorda Immanuel Casto nella sua posta del cuore per Gay.it, è piuttosto un privilegio.

In tal modo crolla tutto il castello di carte: tutto quello che abbiamo è solo e solamente perchè ce lo siamo conquistati. Nessuno ci regala niente (salvo forse un certo amore incondizionato dei genitori, se con i genitori si è fortunati), nessun Dio risponderà mai alle nostre preghiere, nessun’app ci fornirà su un piatto d’argento il principe azzurro.
La vita è fatica ma, citando una delle mie carte Magic preferite “Incontro fortuito”: più improbabile è la vittoria, più memorabile è il successo.
Ecco l’amore è questo memorabile successo, ma nonostante quello che la Tv, i giornali, i romanzi, i telefilm e le nostre amiche di bevuta ci vogliano raccontare, non tutti siamo destinati al successo in merito, salvo non ci si accontenti.
Il principe azzurro non esiste, per sua propria definizione.
L’incastro amorosamente perfetto non esiste, e quello imperfetto non dura se non ci si impegna reciprocamente. Insomma: più facile a dirsi che a farsi.
Il problema è che quando cresci con una promessa, o peggio, con più promesse sulla tua vita e nessuna di queste sembra doversi avverare non è una bella vita….la vita dei Millennials.
L’entitlement è proprio questo: il rifiuto di vedere disattese queste promesse. E’ il continuare, intimamente ad essere convinti di meritare l’amore eterno, il posto fisso e la casa di proprietà.
L’entitlement è una dissonanza cognitiva, è un rifiuto del principio di realtà per rifugiarsi nel principio di desiderio. Ma questo scollamento dalla realtà rischia di costarci caro.
Una generazione Online. Come Millennials abbiamo visto il passaggio, tra il turbolento ed il tragico. della realtà dal reale al virtuale.
Volendoci ridere sopra: il lavoro è diventato virtuale (nel senso che c’è sempre di meno), l’amore è diventato virtuale (perchè si chatta e basta), e la casa di proprietà è diventata virtuale perchè l’ologramma ti dà un castello ma la verità ti restituisce un logoro cartone sotto un ponte, pioggia permettendo.
Una generazione travolta dagli eventi ed inchiodata ad una realtà che le era stata raccontata ma che ora non c’è più.
Come uscirne? Io vedova e con due toy boy a bordo piscina che mi massaggiano i piedi con sul cellulare la suoneria di “felicità” ed in salotto il busto di Giuseppe Conte..