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Il luogo del privilegio assoluto.

Il luogo del privilegio assoluto.

Riflettevo come i privilegi siano spesso concentrici, o quasi.

Praticamente, in ordine sparso devi: essere maschio, giovane, alto, fisicamente prestante, con un cazzo lungo, grosso e non pendente, avere i denti dritti, non essere calvo, essere quindi agli occhi dei più “bello”, avere una determinata posizione sociale, ed avere danaro, molto, se possibile.

Ah, e non essere neurodivergente.

Praticamente, basta leggere la lista di cui sopra per capire che “il luogo del privilegio assoluto” è un non-luogo, è una chimera, è un ken ricco, stupido e rigorosamente non depresso che alberga tra i reel di Instagram, i video di TikTok e gli Shorts di Youtube.

Poi spenta la telecamera sono guai anche per lui. Specie se parliamo di salute mentale, peer-pressure e fit-pressure.

Essere “fit”, infatti non vuol dire, primariamente, essere ben allenati, ma significa “essere adatti”, ed esiste una pressione, nemmeno particolarmente dissimulata, della società rispetto ad ogni suo componente: sii adatto, sennò ti caccio.

Ed essere cacciati dalla “società” è peggio dell’esilio.

L’outcast non è nemmeno colui che vive ai margini, è proprio il reietto, il “rigettato” dal sistema, il clochard, quello che vive di elemosine e di bocchini a 20€ nei battuage pubblici.

L’outcast non serve al sistema se non per mettere la massima paura a chi ancora “risiede” nel sistema, rispetto a cosa troverebbero al di fuori di esso.

E’ questo il motivo per cui tutt* vi siete vaccinat* contro il Covid, non perchè fosse scientificamente la scelta migliore (diciamo che, ipoteticamente, poteva esserlo la prima dose, al netto della “rapidità” sospetta di questi sieri) ma per la paura di diventare dei pariah.

Io ho dovuto fare molti slalom per evitare l’infamante marchio di “no vax”, ma ora possiamo dirlo, non solo lo sono stata (con orgoglio), ma ne rivendico la bontà logica*, anche sulla base di quanto dichiarato dalla stessa Pfizer al Parlamento Europeo:

Fatemi dire per l’ultima volta che prescrivere obbligatoriamente sia le mascherine che il distanziamento sociale non ha mai avuto alcun senso. L’una avrebbe dovuto rendere inutile o almeno opzionale l’altra (è ancora un mistero come siano passati ben 2 anni di contagi con tutte quelle FFP2 in giro, per non parlare degli inutili vaccini di cui sopra).

Ora, come si dice a Napoli: chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto.

Il punto è riconoscere il “luogo del privilegio assoluto”.

Il punto è riconoscere che non avete agito per morale, ma per coercizione, o ancora peggio, per pressione sociale.

Togliere il velo dell’ipocrisia è il primo mezzo per combattere il privilegio, e direi anche determinati partiti politici.

Il punto è, tornando al privilegio, che se non siete bianchi, belli e giovani, già siete fuori dal “luogo del privilegio assoluto” e potete attestarvi su privilegi minori, e più si scende nella scala più sono dolori.

E badate bene, non è il colore della pelle il criterio più rilevante, ma il censo.

E’ infatti la ricchezza a raccontare alla società bianca neo-capitalista e global-liberista se un nero è accettabile, se un gay è una persona rispettabile, se una trans è una donna o meno, e ovviamente se una donna possa o non possa arrivare a posizioni di potere.

Un ulteriore passo per scoprire i privilegi nascosti è scostarci ulteriormente dai criteri legati al soldo o all’aspetto fisico, perchè sebbene questi siano effettivamente i più rilevanti, ne nascondono almeno altri due, che riguardano salute e neurodivergenza.

Personalmente la salute mi è sempre difettata.

Da quando ho 12 anni giro inutilmente per medici a cogliere perchè io abbia una stanchezza cronica, dei gargantueschi problemi di digestione, dei dolori costanti. Il tutto ancora privo di una diagnosi.

Probabilmente autoimmune, l’unico indizio, ecco perchè io scelsi, per la mia salute, di non aggiungere “varianti” (non testate, aggiungerei) al mio sistema immunitario, ovvero di non vaccinarmi per il Covid.

Pura e semplice razionalità. Poi partita iva e smart working mi hanno permesso di rimanere fedele alla scelta fatta, ma non è stato semplice.

Quello che è sicuro che pur essendo io un maschio bianco discretamente di bell’aspetto, più che essere un ragazzo gay, o una persona non binaria, o una drag queen, ciò che mi penalizza maggiormente a livello di privilegio è la mia “salute”, anche se questa non impatta il mio aspetto esteriore.

Vivere una condizione di salute limitante ti pone parecchie leghe sotto ai “comuni mortali”.

Poi ovviamente ciò non toglie che si possa, con molta fatica, trascendere la mortalità e diventare una Star, ma anche qui, c’ho sudato soldi e sangue.

Infine, ma non da meno, la neurodivergenza o in generale il tema della salute mentale è di primaria importanza.

Non tutti infatti sono o riescono ad essere o a permanere come “fit”.

Chi non ci riesce infatti viene quasi sicuramente catapultato nelle spire del disagio psicologico.

Sigmund Freud diceva che la nostra è una società nevrotica: niente di più vero! E’ infatti la pressione della società (e dei nostri “pari” nella società) a buttarci nel crepaccio dei sentimenti di inadeguatezza.

E politicamente il sentimento di inadeguatezza è la chiave per capire perchè, ad esempio, in Italia, non esista nemmeno la possibilità che avvenga una “rivoluzione”.

Perchè?

Perchè l’individuo, atomizzato, isolato, parcellizzato, avulso, igenizzato e soprattutto “tagliato” da qualsiasi comunità fisica e reale (mentre viene super-ingaggiato da comunità social, da sensi di appartenenza basati solo su criteri statistici [comunità LBTQ+ per dirne una]) è stato portato a convincersi che la sua capacità o incapacità nella Vita non fosse legata (almeno ANCHE) al contesto, ma fosse solo una sua propria responsabilità.

Puoi diventare tutto, anche un tostapane.

E se non lo diventi, beh, è solo colpa tua.

Ed è quel “è solo colpa tua” che è alla base del SENSO DI INADEGUATEZZA SOCIALE per cui ognuno si salva da solo** e se non è in grado di farlo, beh “his bad”.

**l’Italia è il paese dei “furbi”, della sfiducia ad ogni possibile governo, è il paese dove lo Stato è distante e “chi fa da sè fa per tre”. Il problema, tuttavia, in questo Paese dei Balocchi, è per chi non riesce proprio a fare da sè.

Dare in mano al singolo la FALSA idea che tutto il suo destino è sua colpa e sua intera responsabilità, in un contesto dove tutti fingono vite perfette sui social (piccolo spoiler: siete cmq brutti come la merda) e in cui non è presente una rete fisica di amici (quelli veri, non quelli che ti amano solo perchè gli offri da bere), di associazioni (salutiamo il tramonto definitivo dei sindacati e della lotta di classe) e/o di vicinanza sociale, è dannoso al limite dell’irreparabile.

Che poi: che responsabilità mai poteva avere il singolo, che colpa poteva mai avere nel ricevere ben 3 mesi di lockdown totale deciso da terzi?

E’ chiaro che NON C’E’ piena responsabilità personale. Non per ogni cosa. E bisogna accettarlo. E accettarlo significa accettare il flusso delle cose, accettare di NON poter controllare tutto e tutti (cit. “l’Inferno sono gli altri” Sartre) e soprattutto cercare aiuto nella presenza fisica degli altri: solo quello potrà garantire un supporto morale abbastanza forte.

Un DM non sostituirà mai un’ora di chiacchierata sotto le stelle, o di fronte ad una pizza, ad un sushi (o anche al cazzo dell’altro); poi ben vengano le telefonate, ma non “sono il luogo del privilegio assoluto”.

Riconoscere la non concentricità dei privilegi, il peso dell’aspetto economico, l’importanza della salute mentale, la fondamentalità di coltivare un “gruppo di pari” supportante (presente fisicamente, distante dalle dinamiche social e dal ghosting) è il primo passo per capire il gap sovrumano che ci spetta in questa vita per colmare la mancanza di privilegio che ci è stata data in dono.

E chissà, magari riusciremo a raggiungere il massimo privilegio a noi concesso. Perchè, in fondo, diciamocelo, chi vorrebbe mai per arrivare da A a B passare per C, D o per LGBTQIA?

Se ci tocca è perchè quella o quelle lettere sono la nostra natura, e noi scegliamo di non nasconderla. Rappresenta sì, anche una fatica costante, ma soprattutto la presa in carico dell’autenticità che dobbiamo a noi stessi.

E non abbiate paura ad utilizzare i vostri privilegi: sono gli unici mezzi che la società vi pone tra le mani; tuttavia è importante inquadrare i propri (anche sparuti) privilegi come i blocchi di partenza da cui ci è dato iniziare la nostra corsa.

I nostri privilegi “ci appartengono” così tanto che possiamo usarli a favore di altri, che non sono dotati nemmeno di quelli, o che sono dotati di altri, ma non dei nostri.

Solo nel ricircolo virtuoso dei privilegi sarà possibile (in un paese dove è stata resa impossibile una sollevazione di massa) il sogno di una società migliore.

E allora sì, brinderemo ai privilegi, comuni.

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