Il Giardino delle Vergini di Instagram
Vergini si è finchè fantasia permette.
Questo, tuttavia, è un mondo di finte vergini, di vergini rifatte, di influencers pulciosi con le auto in leasing e la cena a pane e acqua, di pudende che millantano selettività quando basta che respiri e cammini correttamente, di gente fintamente felice che nasconde il proprio disagio mentale dietro all’ennesimo post sorridente.
E poi abbiamo i vari Benno e Padovani, adoni su Instagram ma così disagiati nella società, borderline, paranoici, ossessivi, maniacali, da arrivare ad uccidere.
Non è tutto bono quello che luccica.
Per non parlare delle varie santificazioni delle lauree prese in anticipo, delle pelli perfette, delle celluliti scomparse grazie alle app miracolose, della body positivity in foto mentre si piange sul letto che ormai non regge il nostro peso, delle mille cure e dei mille terapeuti che ci offrono una soluzione perfetta mentre nessun tentativo sembra funzionare.
Ferma a guardare le mie 35 parrucche, con dolori diventati cronici da un mese all’altro, rischiavo di essere anch’io di passare del Giardino delle Vergini di Instagram al Giardino delle Vergini Suicide.
Riflettiamoci.
Il modello del mercato non si applica (bene) nè alle relazioni, nè alla salute.
Serve invece trovare un centro, spegnere le voci della nostra insicurezza, della nostra ragione, della nostra mente, ma anche di quelle degli altri, di coloro che hanno sempre una soluzione, che hanno sempre ragione, che “tanto alla fine passerà”, “eh ma è colpa tua”, “eh ma è lo stress”, “eh ma sei tu che non vuoi”.
Allontanate quelle persone e quelle voci da voi, e perdetevi nel vostro deserto interiore.
Spesso la soluzione non è quella più difficile, ma quella più immediata, quella più ovvia, quella linea retta che congiunge in meno tempo A e B; il problema è il tragitto che ci obbliga a confrontarci con il deserto, irto di predoni, privo di cibo, acqua e riparo.
Il tragitto delle vergini può renderle suicide.
Non c’è società, non c’è più relazione, ci hanno resi oggetti plasmabili (e lockdownabili) a seconda delle esigenze di mercato.
Vi siete mai chiesti perchè chiunque vada al governo poi si trovi a calare le braghe? Perchè il mercato, o banalmente i soldi, vengono da strutture “transnazionali” che o li posseggono (come le Big Companies) o li veicolano (come l’Unione Europea).
Ma le vergini non parlano di politica. Le vergini parlano di sesso.
Tuttavia chi parla spesso di sesso poi non lo pratica molto, ed è proprio il caso delle vergini.
Dico solo: aprite Instagram: non vi sentite dentro un terrificante Squid Game?
Siamo tutti costretti ad essere chi abbiamo deciso, troppo tempo addietro, di essere, perchè sennò rischiamo di essere nessuno, specie dentro un sistema che non prevede molti slot identitari occupabili.
E questo è molto peggio della “trappola del topo” (studia, lavora, sposati, compra una casa [fintanto che i mutui lo permettono] vai in pensione e muori).
Questo è una Matrix da cui non ho ancora trovato modo di svegliarmi.
Questo perchè non c’è alternativa rispetto a stare nel sitema. O meglio: tutte le alternative puzzano terribilmente di povertà, e io mi sono disegnata come una signora ricca.
Inutile che io vada a fare vari “vingardium leviosa” wiccan con una parrucca incartapecorita in mezzo ai boschi, in una casa priva di connessione internet, luce, gas e fognature decenti.
Fuori dal sistema torni nell’800, ma non dalla parte della nobiltà.
E questo è il Giardino delle Vergini di Instagram: un enorme specchio distorcente, un’algoritmica pozza dove milioni se non miliardi di Narcisi possono vedersi grandi e bellissimi, e raccontare agli altri il proprio edonistico amore per se stessi.
Quello che non sappiamo invece è che questo giardino è come un camposanto, tutti i Narciso sono morti e non sanno di esserlo.
Non è più un mito antico, quanto un terribile racconto lovecraftiano dove entriamo in un tetro circo arrivato all’improvviso in città e, catapultati nella sala degli specchi, ci vediamo bellissimi nell’immagine distorta di noi stessi che ci restituiscono, e preghiamo i nostri amici di abbandonarci lì, e così succede.
In preda del Grande Antico di turno verremo divorati.
Ed ecco che nel giardino appaiono le Vergini Suicide.
Siamo in una sala degli specchi, circondati solo da immagini, lasciando fuori le persone, o parlando solo con il loro riflesso: abbiamo perso la percezione della realtà.
Come nella visione di Yog-Sothoth si perde completamente il senno, si lascia la ragione per entrare in un’eterna spirale di follia, Instagram ha stravolto la nostra “aisthesis” (dal greco “estetica” come “percezione del mondo”) lasciandoci soli di fronte al Vuoto incarnato, al grande Antico.
Ma quel Vuoto non è altro che una catena dentro uno specchio, il problema è che noi abbiamo già abbandonato il mondo reale, e anche qualora riuscissimo a fuggire dal circo saranno i Cultisti a trovarci e a farci fuori.
Ecco che il Convento delle Cappellane scalze appare come uno dei pochi edifici rimasti in città oltre al circo di Yog-Sothoth.
Il mio Convento è l’unico dove potrete chiedere asilo senza che vi sia chiesto nulla.
Fate del mio Convento una chiesa virtuale, un insieme geometrico dove vivere nuove libertà, dove sputare in faccia agli specchi, rompendoli.
Dietro gli specchi troverete altre persone, altre persone perse nel terrore di non potersi fermare per non indietreggiare (perchè, come dice la Regina Rossa ad Alice “Ora, in questo luogo, come puoi vedere, ci vuole tutta la velocità di cui si dispone se si vuole rimanere nello stesso posto; se si vuole andare da qualche altra parte, si deve correre almeno due volte più veloce di così!»), ma una volta abbattuto lo specchio, basterà smettere di correre, o almeno poter fare una breve pausa, assieme, nel Convento, per scongiurare i terrori del giardino di Instagram.
Che siate vergini o meno.
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